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Stralcio dal mio romanzo L’intruso nelle vecchie stanze

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Stralcio dal mio romanzo L'intruso nelle vecchie stanze

Di Eleonora e dei suoi due fratelli, Simone e Francesco, ho un vago ricordo, persone conosciute solo di vista e con le quali non avevo mai parlato. Misteriose o, in qualche modo, solo timide e riservate, in ogni caso quasi sempre rinchiuse in quella vecchia casa oggi abbandonata.
Simone e Francesco uscivano raramente, mai insieme, e solo in auto da un garage nascosto, probabilmente per andare a cena al ristorante. Magari riportavano qualcosa da mangiare a Eleonora. Si diceva esistessero dei lontani parenti che vivevano all’estero, in Francia; la mia era solo una parentela indiretta. In paese li consideravano arroganti e presupponenti, al più degli originali, in ogni caso alieni da ogni rapporto di amicizia con chiunque. Non si erano mai sposati e non avevano discendenza.
In rare occasioni, soprattutto d’estate, mi accadeva di incontrare Eleonora in passi notturni poco prima dell’alba e lei, nel vedermi, cercava di nascondersi, fuggire o cambiare strada. Quasi lunare nel buio, prima che rapida sparisse alla vista, spesso vestita con una camicia da notte color giallo sbiadito, lunga, dalle spalle sino ai piedi, i capelli quasi bianchi, sempre legati dietro la nuca. Mi dava l’impressione che camminasse scalza.
Penso che non avesse idea di chi io fossi, e che mostrasse quell’atteggiamento a ogni abitante del paese. Perché facesse quelle uscite notturne non mi fu mai possibile capire.
Adesso ho violato quella casa che nessuno visitava da anni.
Percorro le vecchie stanze lasciando impronte nella polvere depositata sui pavimenti; la luce va scemando, non mi darà tempo per altre ricerche, quelle prive di progettualità e fatte senza alcun ordine.
Mi chiedo: forse sono io che non ho ancora capito questo progetto, il suo scopo e la sua medialità; lo vedo come uno scorrere di immagini e di velleitarie memorie. Gesti e atmosfere, niente di definito, forse soltanto apparenze. Che cerchino nei documenti virtù rassicuranti, capaci di rendere autentici i luoghi al di là di ogni fantasticheria? Anche rigorose testimonianze, se ce ne fossero, potrebbero essere interpretate e manipolate.
I ricordi dell’adolescenza mi suggeriscono immagini che sono quelle modificate dalle fantasie e dai racconti; i suoni e i rumori no, quelli sono ancora presenti, ed erano echi e scricchiolii notturni, perché di giorno tutto taceva.
Raccontare i bisbigli? O piuttosto le immagini dei vicoli e delle vecchie mura bianche di calce?

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